[Recensione] Mia figlia, Don Chisciotte di Alessandro Garigliano - NN Editore





Trama
Lei ha tre anni e si emoziona ascoltando storie di cavalieri, re, regine e principeffe. Lui ha quarant’anni, è suo padre e si emoziona solo a guardarla. Lei è coraggiosa, vuole conoscere il mondo e non ha paura di niente; lui non trova un lavoro stabile e ha paura di tutto. La sua passione e il suo oggetto di studio è il Don Chisciotte: nelle trame del capolavoro
più rivoluzionario di ogni tempo rilegge la propria vita, scoprendosi non cavaliere intrepido ma scudiero devoto, combattuto tra l’adorazione e il buon senso, tra la sublime incoscienza della sua bambina e l’impulso di proteggerla.
Alessandro Garigliano ci consegna un romanzo intenso e avvincente che è una dichiarazione d’amore per la letteratura, per la vertigine eversiva, illimitata e imprescindibile della fantasia. E togliendo la maschera alla finzione inventa le parole del suo mondo, riannoda i fili del futuro e riesce a dare un nuovo senso all’essere padre.
Questo libro è per chi viaggia in moto al posto del passeggero, occhi chiusi e una guancia appoggiata alla schiena del cavaliere, per chi si ostina a cercare uno zoo dalla porta rosa e per chi, come Clark Kent, è riuscito a camuffare la propria identità dietro un paio di occhiali da nerd.

La mia opinione
“Mia figlia, don Chisciotte” è un romanzo davvero particolare che, ripercorrendo le gesta del cavaliere della Mancia, racconta il bellissimo ma complicato rapporto tra padre e figlia.
Si sa che tra un padre e una figlia femmina si instaura sempre una relazione particolare, che ritengo sia uno dei legami più forti e speciali del mondo. In questo romanzo sono riuscita a rivedere il rapporto con mio padre, la capacità di un genitore di ricreare un mondo fantastico per i propri figli, aiutandoli a crescere e, allo stesso tempo, proteggendoli il più possibile dalle sofferenze e dagli ostacoli che accompagnano la vita.
Mi ha colpito tantissimo la “trasformazione” del protagonista, che decide di rivestire il ruolo di professore universitario perché, non avendo un lavoro stabile, vuole apparire “importante” agli occhi della figlia.
Così, nascondendosi dietro ad uno studio sul Don Chisciotte, ripropone ogni giorno alla figlia le avventure del cavaliere, paragonando il loro rapporto a quello di Don Chisciotte e del suo devoto scudiero, Sancio, con il quale il padre trova maggiori affinità.
Eppure, il protagonista, con qualche ansia e insicurezza, riesce a svolgere al meglio il mestiere di papà. Non è un “lavoro” che si impara tra i banchi di scuola o sui libri universitari, ma ritengo che sia il più difficile del mondo. E non è importante la “divisa” che indossi, non è importante se sei un lavoratore precario o un professore universitario, ciò che conta è quello che riesci a trasmettere ai tuoi figli: perché, accompagnando ogni giorno un bambino nella sua crescita, proteggendolo e insegnandogli a difendersi dai pericoli del mondo, ai suoi occhi sarai sempre e comunque il suo vero e unico eroe.
Se, come me, non avete mai letto Don Chisciotte vi verrà voglia di correre nella vostra libreria e recuperare questo capolavoro.
Si tratta di un romanzo davvero particolare, che mostra tutto l’amore e la passione dell’autore per la letteratura, passione che, giorno dopo giorno, con una grandissima e fondamentale dose di fantasia, trasmette alla figlia.

Voto finale: 4/5

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