[Recensione] La casa dei naufraghi di Guillermo Rosales - Fandango Libri


Trama
William Figueras è un uomo in fuga. Dalla cultura, dalla musica, dalla letteratura, dalla televisione, dalla storia e dalla filosofia di Cuba. È arrivato a Miami con in tasca nient’altro che le edizioni rilegate dei Romantici inglesi e l’illusione, coltivata al buio della sua mente, che nella Grande America riuscirà a scrivere senza paura delle persecuzioni. Ma William è malato di nervi e dopo il confino le voci che sente gli rimbombano forte nella testa. Talmente tanto che la zia che lo ospita deve arrendersi: “Non si poteva fare di più, lui avrebbe capito”. La casa in cui viene deportato è una clinica ai limiti della realtà, un rifugio disumano dalle atmosfere asfissianti in cui i matti sono vittime condannate a una quotidianità primitiva. Non c’è salvezza, via di scampo, anche se la libertà urla al di là di quelle porte. Un giorno la pallida Francis arriva tra gli Idioti e con lei il ricordo in carne e ossa dell’amore. La speranza scioglierà per poco il gelo di quell’ultimo passaggio nella casa, e la vita riprenderà a scorrere come non aveva mai fatto prima. Romanzo autobiografico, estremo e commovente, un classico della letteratura cubana tradotto in tutto il mondo, torna in libreria in una nuova edizione. La casa dei naufraghi ha ispirato il film If You Saw His Hearth con Gabriel García Bernal, presentato in concorso al Toronto Film Festival (2017) e al Festival Internazionale del Cinema di Varsavia (2017), dove ha vinto il premio per la Miglior Regia.

La mia opinione
Se ancora non conoscete Guillermo Rosales, come me prima di imbattermi in questo romanzo, vi consiglio di recuperare.
La casa dei naufraghi” è un libro di poche pagine, ma che richiedono grande impegno per leggerle, perché ognuna di esse porta con sé una sofferenza inimmaginabile.
Ci troviamo a Miami, dove William Figueras, fuggito da Cuba a seguito dell’insediamento del regime di Castro, spera di iniziare una nuova vita. 
Là lo aspettano degli zii, che si mostrano subito diffidenti nei confronti di quello strano ragazzo, colto, intelligente, ma affetto da schizofrenia.
L’unica strada, continua a ripetergli la zia, è quella della boarding home, una “clinica” per persone colpite da malattia mentale. 
Ho messo la parola clinica tra virgolette perché un posto del genere non può essere definito tale. Dopo le prime pagine, vi troverete immersi in un luogo degradante, dove gli abitanti della casa vengono trattati in modo disumano.
Un libro che, come vi dicevo prima, porta con sé una grande sofferenza, che credo che lo scrittore, morto suicida giovanissimo, si sia portato dietro per tutta la vita. 
Leggere queste pagine fa riflettere tanto sulle condizioni alle quali sono spesso sottoposti pazienti con problemi mentali, che diventano talvolta vittime di un mondo dove per loro non c’è spazio, e vengono relegati in posti nei quali il trattamento loro riservato è ai limiti della tortura. Quando mi capita di leggere romanzi del genere, mi rendo conto che la storia si ripete spesso. Siamo evoluti, ma quanto?
Sullo sfondo poi c’è Cuba: un paese sicuramente meraviglioso, i cui abitanti però non sono mai stati fortunati a causa della politica. E si ritrovano tutti là, nella Grande America, come di passaggio, in un mondo che non sentono mai del tutto loro, nella speranza di poter un giorno tornare in patria. 
Un piccolo capolavoro, considerato uno dei classici della letteratura cubana, nonché uno dei pochi romanzi del grande (ora che l’ho conosciuto tra le sue pagine mi sento di definirlo così) Guillermo Rosales. Come vi ho anticipato su instagram, è uno dei libri migliori che ho letto negli ultimi tempi: crudo, realista e fondamentale nella libreria di ogni lettore.

Voto finale: 5/5


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