[Recensione] Diario di un condannato a morte di Alessandro Piana - Bookabook
Trama
"Diario di un condannato a morte" racconta gli ultimi otto anni dì vita di William Van Poyck, detenuto nel braccio della morte della Florida, tra il 17 aprile 2005 e il 12 giugno 2013, giorno della sua esecuzione tramite iniezione letale. Il libro, partendo dalle lettere che William ha inviato alla sorella Lisa, mette a nudo tanti episodi di vita nel braccio della morte, portando alla luce maltrattamenti, condizioni estreme, privazioni di diritti e abusi di potere difficilmente immaginabili per un lettore "libero". Le considerazioni di William non sono mai banali e ci conducono in un mondo parallelo e nascosto dove i detenuti, alle prese con la costante paura di morire, sono costretti a trovare un senso alla loro vita "a tempo determinato”.
La mia opinione
Il libro “Diario di un condannato a morte” racconta la storia di William Van Poyck, un detenuto americano nel braccio della morte, che si trova in questo “limbo”, in attesa dell’esecuzione, dal 2005.
Le lettere alla sorella Lisa sono toccanti e commoventi: parlano prima di tutto di un uomo, uno come tutti noi, che si è trovato coinvolto in un omicidio per il quale, come è tristemente noto, in molte parti degli Stati Uniti è prevista la pena di morte.
Quello che colpisce di più di questa storia è la cultura di quest’uomo, che nelle sue lettere dimostra non soltanto il pentimento per la strada che ha preso la sua vita, ma anche quanto sarebbe potuto essere utile, nel suo caso, un reinserimento nella società.
Nella vita tutti possono fare degli errori, gravi o piccoli che siano. Da giurista una delle prime cose che ho imparato è proprio la funzione rieducativa della pena. La cosa assurda, sulla quale questo libro mi ha fatto riflettere molto, è che, mentre ci sono delle persone che non si pentono e non si pentiranno mai e che magari vengono reintrodotte nella società e delinquono di nuovo, persone come William, che vedono tutte le possibilità di uscire dal carcere sfumare lentamente, meriterebbero una seconda possibilità.
Grazie a William ripercorriamo una buona parte della storia politica degli ultimi anni degli USA. Ed è scioccante vedere come, anche le pene di morte, siano di fanno politicizzate. Vedere un uomo che spera che il prossimo governatore sia clemente, o che sia un politico al quale convenga dare un immagine di sé “buona” per poter uscire dal carcere, invece che il politico che deve tenere “un pugno duro” davanti agli elettori, è stato davvero straziante.
Come strazianti sono le condizioni dei carcerati, un problema che è denunciato non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa e in Italia. Una questione che, in ambito europeo, nonostante le numerose sentenze della Corte di Giustizia sul sovraffollamento delle carceri, sembra non avere soluzione.
Quello che posso dire, tramite la testimonianza di William, è che almeno noi non abbiamo la pena di morte, che è sicuramente il fondamento di un Paese democratico e che gli Stati Uniti, nelle loro mille contraddizioni, nonostante la loro modernità per certi aspetti, non sono ancora riusciti a raggiungere uniformemente.
Si tratta di un romanzo che scorre velocemente, è una raccolta di lettere che Alessandro Piana ha rivisitato e portato in Italia con il consenso della sorella di Van Poyck, Lisa, che si augura di diffondere la storia del fratello in più parti del mondo.
Quest’ultimo punto, la struttura epistolare, è forse l’unica cosa che mi ha delusa. Dalla trama e dal fatto che in copertina ci fosse il nome dell’autore mi aspettavo un romanzo, dove alle lettere di William si alternassero delle parti scritte dall’autore per entrare meglio nel personaggio.
Come vi ho annunciato il personaggio di William è talmente forte, talmente bello, che riesce ad insinuarsi dentro di voi ugualmente, facendovi emozionare, arrabbiare e soffrire con lui. Però, nella scelta delle vostre prossime letture, non aspettatevi un romanzo, ma una bellissima raccolta di lettere.
Voto finale: 3,5/5
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