[Recensione] La prigioniera di Debra Jo Immergut - Corbaccio



Trama
Due voci, un uomo e una donna, si alternano nel raccontare la loro storia. La storia che li ha portati dove sono adesso: in carcere. Frank come psicologo. Miranda come detenuta. Si erano già conosciuti ai tempi del liceo, quando Frank si era infatuato di questa ragazza, schiva e misteriosa e che neanche si era accorta di lui. Non è inconsueto incontrare casualmente una persona che ci ha fatto perdere la testa tanti anni prima. Di solito la vecchia passione si ridimensiona, più raramente si riaccende. Qui però la situazione è fortemente anomala. Il luogo, la prigione, è claustrofobico, la realtà che si vive è rarefatta e distorta. La relazione tra Frank e Miranda non può essere normale, eppure non è affatto chiaro chi dei due dipenda dall'altro, chi sia libero e chi non lo sia. E il passato, che si disvela a poco a poco coinvolgendo non solo i due protagonisti ma, per cerchi concentrici, le famiglie, i genitori e tutte (e persone che fanno parte della loro vita, è un concatenarsi di eventi che ineluttabilmente li portano proprio dove sono adesso. Con un carico di emozioni, di frustrazioni, di passioni che non si sa che strada prenderanno: verso la salvezza? 0 verso la distruzione? "La prigioniera" è un romanzo che parla di bene e di male, e di come bene e male siano ripartiti in ugual misura dentro tutti noi. In questo senso è un libro universale: i protagonisti sono persone normali, che vivono, sbagliano e tentano di riscattarsi dagli errori commessi.

La mia opinione
La prigioniera” è la storia di un’ossessione. Quella dello psicologo Frank verso la detenuta Miranda.
Ricorderete tutti gli anni del liceo, in cui solitamente ci si prendeva una cotta per qualcuno, lo si idealizzava, si aspettavano le ricreazioni per poterlo anche solo salutare e nulla di più. Sono quelle persone che hanno solo sfiorato la nostra vita ma, chissà perché, non le scordiamo più.
Il romanzo inizia proprio così: con Frank che ci parla della sua infatuazione al liceo verso Miranda, che non l’ha mai notato. Frank la ritrova in carcere, lui nelle vesti di psicologo, e lei di detenuta. 
Non appena la vede, la cotta del passato riemerge prepotentemente, diventando il suo chiodo fisso e portandolo a pensare sempre di più al modo per aiutarla. 
Evidentemente, da psicologo dovrebbe fermarsi là, al primo incontro. Tra le regole deontologiche degli psicologi, che tutti un po’ conosciamo per sentito dire, c’è quella per cui non dovrebbero esserci rapporti pregressi con i pazienti, per evitare un’inquinamento della terapia. Ma gli psicologi sono pur sempre uomini e, come tali, soggetti ad errori.
Frank arriva ad un punto in cui non riesce più a separare la sfera privata da quella professionale: è talmente ossessionato da Miranda da violare tutte le regole deontologiche e, allo stesso tempo, cercare una giustificazione per i suoi comportamenti.
Dall’altra parte c’è Miranda, la bella della scuola, che non si ricorda di Frank e che, per una serie di scelte sbagliate, si ritrova in un carcere femminile con una condanna pesantissima e la libertà come miraggio lontano, obiettivo ormai irraggiungibile. 
Il romanzo alterna la voce di Frank e quella di Miranda. Pagina dopo pagina, conosceremo un uomo e una donna che commettono errori e che, fondamentalmente, ho trovato profondamente egoisti per motivi diversi. Sono due personaggi che non sono riuscita ad amare del tutto.
Il romanzo è scritto molto bene, strutturato in modo convincente, tale da permettere di entrare perfettamente nella psicologia dei due protagonisti. Apprezzabilissimo il finale, con un colpo di scena che non avrei mai immaginato.
Come note negative, ho trovato certe parti un po’ noiose e difficili da seguire. Inoltre, devo ammettere che, per la sfera dei rapporti tra detenute, mi è sembrato eccessivamente ispirato alla serie TV “Orange is the new black”.
Un romanzo carino, ma mi aspettavo di più.

Voto finale: 3/5




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