[BlogTour] Sperando che il mondo mi chiami di Mariafrancesca Venturo - Longanesi: La scuola ieri e oggi (il precariato, mettiamoci dalla parte degli alunni)

Buongiorno lettori e lettrici! Oggi il blog ospita la sesta e penultima tappa del BlogTour dedicato al romanzo di Mariafrancesca Venturo "Sperando che il mondo mi chiami", per Longanesi. Com'è cambiata la scuola nel corso del tempo? Quali influenze può avere il precariato negli alunni?


“Sguardi enormi montati su occhi piccoli, accesi, c’è lì dentro una luce lunga e colorata che sembra domandarsi: chi è questa supplente professionale col rossetto color labbra e la borsa piena di chincaglierie che osa prendere il posto della nostra maestra? Come sarà? Ci porterà in giardino se siamo bravi e non facciamo troppi dispetti o dobbiamo cominciare da ora a farli, i dispetti, perché comunque andranno le cose non ci porterà e allora tanto vale mettere le cose in chiaro? Ci dirà che siamo delle pesti come l’ultima supplente? Ci darà dei compiti di punizione che tanto poi non faremo perché non potrà mai controllarceli?”

Il romanzo Sperando che il mondo mi chiami mette in luce un problema molto sentito in tutte le professioni, ma che all’interno della scuola può avere conseguenze importanti non solo sugli insegnanti ma anche sugli alunni: il precariato.
Mariafrancesca Venturo racconta l’esperienza di una maestra precaria, Carolina, che giorno dopo giorno aspetta impaziente la chiamata di una scuola che ha bisogno di una supplente, controlla ossessivamente le graduatorie e le convocazioni e spera in un contratto annuale.
Ma, nella sua storia, emerge anche il problema di ciò che provano gli alunni, grandi o piccoli che siano. Perché se avere una supplente quando la maestra è malata è giusto e fisiologico, alternare di anno in anno maestre diverse non garantisce quella continuità che la scuola dovrebbe perseguire. 

Quando io andavo a scuola mi ricordo che c’erano solo dei periodi, più o meno lunghi, in cui l’insegnante si ammalava e veniva mandata la supplente. Il momento era entusiasmante: c’era l’aspettativa di conoscere chi avrebbe sostituito la maestra, c’erano i bulletti che già decidevano di metterla in difficoltà per la giovane età, e alla fine spesso c’era il dispiacere di doverla lasciare andare perché magari ti sembrava più simpatica della tua maestra. Questi momenti sono ben descritti dall’autrice, che mi ha fatto tornare indietro nel passato, ricordandomi i miei tempi da alunna: 

“… maestra, ci hai fatto capire tante cose, siamo contenti che la nostra maestra torna ma ci dispiace che tu te ne vai. Torni, maestra, torni a leggere? Diccelo, se la nostra maestra si riammala torni tu? Speriamo che si ammali ancora… non lo devi dire questo, non bisogna volere che la maestra si ammali, e invece lo voglio, così può tornare Carolina! Sì, d’accordo, ma non una cosa grave, però, diciamo… diciamo solo un raffreddore forte per una due settimane o… Quanto dura un raffreddore forte? Scegli noi la prossima volta che la maestra manca?”

Nel corso del tempo le cose sono cambiate. Nelle prime parti del romanzo emerge il racconto della nonna di Carolina, che ci racconta come le scuole fossero all’inizio del ‘900. Quando non tutti potevano permettersi di frequentare la scuola, chi voleva fare la maestra raccoglieva i suoi alunni e insegnava loro tutto. Col tempo sono arrivate le specializzazioni, i master, che se da un lato permettono di avere insegnanti sempre più qualificati, creano un’incertezza in tutti, insegnanti, alunni e genitori. 

Oggi il mondo del precariato, come vi ho già accennato, comporta che un anno puoi avere una maestra e l’anno dopo una diversa e così via. Come possiamo infondere sicurezza ai giovani studenti se anche la scuola non offre una continuità? Come possiamo pretendere che saranno persone migliori, rispettose del prossimo e delle figure importanti come quella di un maestro, se non seguono un percorso unitario e se devono costantemente ricominciare dall’inizio? 

Il romanzo “Sperando che il mondo mi chiami” pone una serie di quesiti ai quali, purtroppo, non possiamo dare risposte. Il precariato è una brutta bestia, che sicuramente mina la qualità di qualunque professione, ma ancor di più non può che influire negativamente in un mondo dove le future generazioni crescono e si formano e che meritano, come i loro nonni, i loro genitori, i loro stessi insegnanti, un futuro più stabile e sereno. E questo non può che iniziare dalla scuola. 

Spero di avervi incuriosito e portati a riflettere! Come sempre vi lascio il calendario, per seguire le tappe e recuperare le precedenti nel caso ve le foste persi... Buona lettura a tutti!


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