[BlogTour] Le alternative dell'amore di Lorenzo Licalzi: intervista all'autore



Buongiorno lettori e lettrici! In occasione del BlogTour dedicato all’ultimo romanzo di Lorenzo Licalzi “Le alternative dell’amore”, edito Rizzoli, che mi è piaciuto tantissimo e di cui vi parlerò nei prossimi giorni, oggi il blog ospita l’intervista all’autore. Ne approfitto per ringraziare tantissimo Lorenzo per la disponibilità, la casa editrice Rizzoli e le altre blogger che hanno reso possibile quest'evento! Vi consiglio di leggerla, perché Lorenzo Licalzi è davvero una persona interessante, oltre ad essere un ottimo narratore! Buona lettura!


  1. Sul web si trova pochissimo su di te: c’è qualcosa che vorresti raccontare ai tuoi lettori prima di iniziare?
Questa cosa che nel web si trova pochissimo  su di me, che poi è vero ma fino ad un certo punto, da un lato mi sorprende, dall'altro molto meno, e mi chiedo se sia colpa mia o colpa del web. Colpa mia senz'altro, non sono uno scrittore che frequenta salotti letterari, anzi li evito, non faccio tour promozionali, anzi riduco al minimo le presentazioni dei miei libri, e se fosse per me non li presenterei, o meglio sì, ma solo se tutti  i partecipanti avessero già letto il libro, solo così la troverei davvero stimolante, è capitato. Inoltre i miei romanzi sono difficilmente etichettabili, per i lettori, ma anche per la critica. Ho scritto tre romanzi "leggeri" e che non esito, perfino con una punta d'orgoglio, a definire comici, altri decisamente seri, che trattano tematiche difficili,  ma sempre con leggerezza e a tratti con ironia (non va bene, bisogna prendersi molto sul serio), spesso storie d'amore incredibili, nel senso che è difficile credere che si possa amare così, vedi quella tra Constance e Baumann, ma sempre sdrammatizzando l'amore, quindi il lettore non sa mai che cosa aspettarsi da me, e questo per certi versi nuoce, soprattutto se ha "pescato" un libro comico e mi ha etichettato così. Allo stesso tempo tutti  i miei romanzi sono in tascabile Bur, tutti ristampati mediamente ogni uno\due anni, non con numeri bulgari, ma alcuni sono arrivati ben oltre alla decima edizione, sono stato finalista per tre volte al Bancarella (con le statuette di cm 5 del libraio con la giara potrei giocarci a Subbuteo), senza peraltro mai vincerlo, ho vinto invece alcuni premi letterari miniori, da un mio libro è stato tratto un film, due sono stati rappresentati a teatro, sono tradotto moderatamente all'estero, anche in Russia e in Giappone, recentemente ho calcolato che tra tutti i libri di tutte le edizioni ho superato le 350 mila copie vendute, insomma, forse sul Web non si dovrebbe trovare pochissimo di me.


  1. Appena ho iniziato a leggere il tuo romanzo, ho dovuto accertarmi che non fossi francese: descrivi talmente bene i luoghi e la lingua francese che sembra che tu abbia un legame particolare con quel Paese… è così? C’è qualche ragione particolare?
Nessun legame particolare, se non che trovo la Borgogna un posto incantevole, di cui si sente sempre parlare ma dove quasi nessuno alla fine è mai stato. La parti di Francia più gettonate sono sempre la Provenza e la Bretagna. Invece varrebbe la pena visitarla, io l'ho fatto tre volte, e l'ultima recentemente per verificare "dal vivo" i ricordi che avevo.  Ma al di là delle bellezze naturali, architettoniche e del  suo vino strepitoso, ciò che mi affascina di più di quella regione è che si può ancora trovare la Francia  contadina di un tempo.  François Mitterand diceva che  "La Borgogna non è una regione, è la vita".  Le juste milieu, la giusta misura delle cose,  dicono i  francesi, quella che magari ti fa stare  seduto sotto il bersò di una locanda in un paesino dove non ce ne sono altre, a sorseggiare un bicchiere di Pinot Noir e accorgerti dopo due ore che sono passate due ore, e  che non ti sei annoiato mai.


  1. Il romanzo inizia con il blocco dello scrittore del protagonista, Tristan Dubois. Tu hai scritto molti romanzi. Hai mai avuto un periodo simile? E se sì, come sei riuscito a superarlo?
Io ho un periodo simile ogni volta che finisco un romanzo, e lo supero ogni volta nello stesso modo in cui lo ha superato Dubois, quello che,  grazie ai misteriosi percorsi della creatività, fa sì che ad un certo punto scatti qualcosa dentro di te e la storia diventi tua, a tal punto che tutto scorre  e le parole, le frasi, le idee  si susseguono senza sforzo, quasi che qualcuno te le dettasse. Diciamo che anche io, come Dubois, non scrivo come se fosse un lavoro da timbrare col cartellino, un tot di tempo ogni giorno, può passare un anno in cui non scrivo una parola e un giorno in cui scrivo trenta pagine. Anche io, come Dubois,  questo romanzo l'ho scritto in 22 giorni, poi ci ho lavorato ancora sei mesi ed è quasi raddoppiato, ho lavorato sui personaggi, sui dialoghi, sulla frettolosità dovuta anche al processo creativo, e su mille altre cose minori, ma la prima frase e l'ultima sono rimaste le stesse e lo scheletro del romanzo c'era tutto, la storia c'era tutta,  volendo l'avrei anche potuto pubblicare così.


  1. All’inizio del romanzo l’editore di Tristan, proprio per il suo blocco, gli suggerisce di “cambiare aria” e isolarsi dal mondo per ritrovare l’ispirazione. Tu hai un posto speciale dove riesci a scrivere?
Casa mia. Abito a Pieve Ligure, in piccolo paese collinare sulla costa di levante, dalla finestra dello studio dove scrivo si vede il mare, il golfo fino a Ventimiglia, e il monte di Portofino, talvolta, in certe mattine dal cielo terso, perfino la Corsica, più speciale di così. 


  1. Scegliere uno scrittore come protagonista: per quanto ritenga che ogni scrittore, nei propri romanzi, metta sempre una parte di sé stesso, ti chiedo se sia difficile scegliendo come personaggio principale uno che svolge la tua stessa professione. Quanto c’è di te in Tristan?
Di me c'è quello che c'è in tutti gli altri protagonisti dei miei romanzi,  vale a dire parti di me che si intrecciano con parti di loro, con l'identità che assumono durante lo svolgersi della storia. Ciò che sono, che sono stato,  che vorrei essere. Esperienze vissute, che hanno vissuto persone che conosco, o addirittura non conosco ma mi sono state raccontate,  il tutto mirabilmente fuso (o non "mirabilmente" intendiamoci, dipende dai gusti), con quello che sto raccontando.   

  1. Il romanzo è ricco di riferimenti letterari e musicali. Se dovessi scegliere un solo libro e un solo disco che reputi, per varie ragioni, più importanti per te, quali sarebbero e perché? 
Il romanzo Due di Due di Andrea De Carlo, perché  oltre ad essermi piaciuto un sacco, era e resta  nella top ten dei romanzi che ho amato di più, la sua lettura tardiva mi ha dato l'imprintig per scrivere il mio primo romanzo Io No, infatti il suo protagonista,  Francesco Massa, per certi versi  è simile a Guido Laremi, il protagonista di De Carlo. Il disco non so, non ce n'è uno in particolare che abbia avuto per me questa importanza, potrei citare molte canzoni di Lucio Battisti o di Francesco De Gregori, ma se dovessi portarmi un disco su di un'isola deserta, si fa per dire perché non saprei come ascoltarlo, allora forse per intensità e costruzione, e per le emozioni che mi ha dato, Wish you were here dei Pink Floyd, ma anche qui una cosa va detta, il primo disco che mi ha fatto capire che nell'aria c'era qualcosa di più di Battisti e De Gregori, è stato Wole lotta love dei Led Zeppelin. Quel 45 giri è stato il primo vinile che ho comprato ed è ancora lì, in bella vista sulla mia libreria come testimone  del mio imprinting musicale.      


  1. Tra le tante bellissime frasi del romanzo, mi ha colpito particolarmente una che penso che descriva benissimo il rapporto tra lettore, scrittore e un romanzo. “E tutto ciò mi diede la certezza, se ancora ne avessi avuto bisogno, che una storia… un romanzo non è di chi scrive ma di chi lo legge…”. Ti è mai capitato, da scrittore, che qualche lettore ti proponesse una visione del romanzo al quale non avevi pensato?
Esattamente come è capitato a Dubois. Il protagonista di Non so, Mario Dominici, aveva, durante l'adolescenza, un amico immaginario, Michel, e più stava male e più Michel lo aiutava a superare le sue crisi. Poi nella storia incontra, in Giappone, Naoko (omaggio al  Murakami di Norwegian Wood Tokio Blues) che è vera, io non avevo alcun dubbio che "esistesse", e Mario (nome volutamente normale perché il romanzo racconta una normale vita di coppia), se ne innamora perdutamente, anche se per una notte soltanto. Succede che un giorno  ricevo una mail di una lettrice che mi scrive:  "Naoko non esiste, è cosi?  Mario, che in quel momento stava male come stava male nell'adolescenza, l'ha immaginata". Io sono rimasto di pietra, anche perché poi ha argomentato la cosa in modo ineccepibile,  e allora, per la serie un romanzo non è di chi lo scrive ma di chi lo legge, la sua versione vale quanto la mia, e a questo punto Non so, se Naoko esiste oppure no. Ho scritto un romanzo, Un lungo fortissimo abbraccio, dove ci sono due filali, stesso numero di pagina, l'ultima ovviamente, ma due possibilità  completamente diverse,   l'una di speranza, l'altra catacombale,  sono solo  cinque  righe, ma quelle cinque righe cambiano totalmente  il messaggio della storia. In una postilla invito il lettore a strapparne la pagina del finale che non vuole, così il romanzo sarà realmente suo, senza la mediazione di chi l'ha scritto, e credo che questa cosa non sia mai stata fatta. Mi è capitato molte volte che qualche lettore mi chiedesse quale finale avrei scelto io, gli ho risposto, ma dicendogli prima che la mia risposta dovesse considerarla  esattamente come la risposta di qualsiasi altra persona a cui lo avesse chiesto. 


  1. Mi ha incuriosito molto il fatto che descrivi perfettamente come i social abbiano cambiato le relazioni sociali, specialmente dopo la fine di una storia. Il vecchio detto “Occhio non vede, cuore non duole” non ha più lo stesso significato oggi con Facebook, Instagram, Whatsapp ecc. Eppure sui social, almeno come personaggio pubblico, non appari. Qual è il tuo rapporto con questi strumenti?
Ridotto ai minimi termini, tranne WhatsApp, non li frequento.  Non sono su Facebook, anche se c'è un eroico Lorenzo Licalzi Fan Club con 1200 e passa fan, a cui accedo ogni tanto tramite i miei figli che sono iscritti (gli altri Lorenzo Licalzi, mi pare tre, due non sono io, uno dovrei essere io ma a mia insaputa). Non sono neanche  su Instagram. Ogni tanto lo sbircio grazie a mia moglie che è abbastanza assidua, ma ha un solo follower, un arabo che sembra Saddam Hussein, ma grasso e con turbante, che non si capisce perché la segua, anche se tre anni fa è stata a Dubai con le amiche e allora forse... lei nega però.  Sono su Twitter,  questo si, ma ho scritto solo la prima frase, che poi era un punto interrogativo, nonostante questo ho 165 follower, direi che mi sento molto Forrest Gump quando correva e tutti lo seguivano senza un perché, nel mio caso solo per un perché. Io seguo solo Murakami e la direttrice editoriale della mia casa editrice in Germania, ma in realtà non li seguo perché uno scrive in giapponese, l'altra in tedesco. 


  1. Per chi ti avesse conosciuto solo con Le alternative dell'amore, e volesse continuare a leggerti, vuoi consigliare tre dei tuoi libri?
Direi il primo, "Io no", che come (quasi) tutti i romanzi d'esordio,  magari non avrà una scrittura accurata, ma è schietto e diretto, senza fronzoli o  trucchi, ed è una freccia al cuore, tanto che ha trafitto anche quello di Ricky Tognazzi e Simona Izzo che ne hanno fatto un film. "Che cosa ti aspetti da me?" che è una grande storia d'amore platonica tra due anziani in una casa di riposo, lui ex fisico nucleare, affetto da ictus, in una carrozzella, ateo e nichilista,  lei, una dolcissima settantenne con una incrollabile fede in Dio e un ottimismo verso la vita naturale e contagioso, tanto che alla fine contagia anche lui.  Infine "L'ultima settimana di settembre", un romanzo on the road da Genova a Roma, su una vecchia Citroen decapottabile,  tra un nonno misantropo e scorbutico e un nipote quindicenne e  per niente sdraiato, che cambierà la vita di entrambi. Tutto questo detto con il beneficio della soggettività, che quando è dell'autore dei romanzi, rende i consigli del tutto inaffidabili.


  1. Ultima domanda: il tuo primo romanzo, Io no, è diventato un film nel 2003. Se potessi immaginare un film ispirato a “Le alternative dell’amore” quali attori immagini nel ruolo di Tristan e Isabelle?
Io nel ruolo di Tristan e Keira Knightley, che amo perdutamente da quando l'ho vista recitare in quel bellissimo film che è Tutto può cambiare, nel ruolo di Isabelle, ma dato che difficilmente, e sbagliando, mi prenderanno, mi piacerebbe Jake Gyllenaal, ma quando ha la barba, come  in Enemy, film tratto dallo splendido romanzo L'uomo duplicato di Josè Saramago.  


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